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Supply Chain Injection: quando il cyber attacco arriva dai fornitori

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Redazione Axitea

Negli ultimi anni il concetto di cyber security non riguarda più soltanto i sistemi interni di una singola azienda. Oggi il perimetro da difendere si è allargato, includendo anche i partner, i fornitori e tutte quelle terze parti che contribuiscono alla creazione di prodotti o servizi. È qui che entra in gioco una delle minacce più insidiose e difficili da individuare: la supply chain injection, o attacco alla catena di fornitura.

Cos’è una supply chain injection

Una supply chain injection è un attacco informatico che sfrutta le vulnerabilità della catena di fornitura per colpire un’organizzazione. In pratica, invece di attaccare direttamente l’azienda obiettivo, i criminali informatici preferiscono infiltrarsi in un fornitore esterno (spesso più piccolo e meno protetto) e usare questo canale come “porta d’ingresso” verso la vittima finale.

Dove colpisce l’attacco alla supply chain

L’attacco può avvenire, ad esempio:

  • attraverso l’aggiornamento software compromesso di un fornitore tecnologico;
  • sfruttando credenziali rubate a un partner commerciale;
  • tramite dispositivi hardware manipolati prima della consegna;
  • con la manomissione dei sistemi di un’azienda di logistica o manutenzione.

In altre parole, l’anello debole della catena diventa il punto di accesso per i cyber criminali.

Quali settori sono i settori più colpiti

La supply chain injection può colpire qualunque settore. Non importa se si parla di manifattura, servizi, pubblica amministrazione o sanità: ogni organizzazione è legata a una rete di fornitori e subfornitori.

Gli attacchi possono riguardare:

  • software gestionali e applicativi usati da più clienti;
  • sistemi di videosorveglianza o di controllo industriale (OT);
  • fornitori di servizi cloud o data center;
  • operatori di servizi professionali (studi legali, consulenti, contabili) che trattano dati sensibili;
  • supply chain fisica e logistica.

Quando colpisce e cosa accade quando parte un attacco

Gli attacchi alla supply chain sono spesso silenziosi e a lungo termine. Non sempre si manifestano immediatamente: i criminali possono attendere settimane o mesi, osservando e raccogliendo informazioni, prima di far scattare la fase distruttiva o di esfiltrazione dei dati.

Questo rende la supply chain injection particolarmente pericolosa: l’attacco non è immediatamente visibile e può compromettere processi strategici senza che l’azienda se ne accorga.

Per capire meglio la dinamica, immaginiamo le fasi tipiche di una supply chain injection:

  1. individuazione dell’anello debole: i criminali scelgono un fornitore che abbia meno risorse di sicurezza rispetto al target principale;
  2. compromissione: l’attaccante sfrutta vulnerabilità software, phishing o credenziali rubate per entrare nei sistemi del fornitore;
  3. infiltrazione: una volta dentro, inserisce codice malevolo in un aggiornamento software, in un file condiviso o in un servizio erogato al cliente finale;
  4. diffusione: l’azienda target, fidandosi del fornitore, installa l’aggiornamento o utilizza il servizio compromesso, aprendo le porte al malware;
  5. movimento laterale: gli aggressori si muovono all’interno della rete della vittima, acquisendo privilegi e cercando dati sensibili o sistemi critici;
  6. azione finale: l’attacco si concretizza: furto di dati, blocco delle attività con ransomware, sabotaggio dei sistemi, oppure semplice spionaggio industriale;
  7. difficile rilevazione: poiché l’origine è un fornitore “fidato”, l’attacco spesso viene scoperto solo dopo che i danni sono già stati fatti.

Perché oggi è particolarmente rilevante

La supply chain injection è diventata una minaccia prioritaria per tre motivi principali:

  1. interconnessione crescente: le aziende collaborano con decine o centinaia di fornitori. Ogni connessione digitale rappresenta un potenziale punto di ingresso;
  2. digitalizzazione spinta: cloud, piattaforme collaborative e IoT moltiplicano i possibili vettori d’attacco;
  3. normative stringenti: con direttive come NIS2, la responsabilità di verificare la sicurezza dei fornitori ricade sempre di più anche sull’azienda cliente. Non basta proteggere i propri sistemi: occorre gestire il rischio di terze parti;
  4. competitività: sono sempre più i committenti – in particolare grandi aziende e multinazionali – che richiedono ai propri fornitori il rispetto di policy di cybersecurity con requisiti molto stringenti. La capacità di dimostrare al mercato un adeguato livello di protezione diventa quindi non solo una misura di difesa, ma anche un requisito essenziale per poter mantenere e sviluppare relazioni commerciali strategiche.

Come possono difendersi le aziende

La difesa dagli attacchi di supply chain injection richiede un approccio strutturato, che combini tecnologia, processi e consapevolezza. Non basta più installare un antivirus o aggiornare i firewall: occorre adottare strumenti avanzati di monitoraggio che analizzino in tempo reale i flussi di dati e rilevino comportamenti anomali, anche quando provengono da fornitori considerati affidabili.

Fondamentale è anche avere un controllo continuo delle vulnerabilità e delle configurazioni, non solo dei propri sistemi, ma anche di quelli collegati tramite la catena di fornitura. Alcune aziende scelgono di implementare soluzioni as a service affidando la cyber security a Managed Security Service Provider dotati di Security Operation Center (SOC) in grado di sorvegliare 24/7 la rete e intervenire tempestivamente in caso di anomalie.

Un altro aspetto chiave è la gestione degli accessi: limitare i privilegi ai partner, monitorare chi accede a cosa e adottare sistemi di autenticazione forte riduce drasticamente la superficie d’attacco. Allo stesso modo, la simulazione periodica di scenari di attacco e la formazione del personale contribuiscono a innalzare il livello di resilienza complessiva.

In sintesi, la protezione della supply chain passa dalla capacità di prevenire, rilevare e rispondere agli attacchi in modo coordinato, trasformando la sicurezza in un processo continuo che coinvolge l’intero ecosistema aziendale.

Proteggere l’intero ecosistema

Per un CEO, un imprenditore o un IT Manager, comprendere i pericoli della supply chain injection significa capire che la sicurezza aziendale non è più un tema confinato all’interno delle proprie mura digitali. È necessario estendere le misure di protezione a tutta la rete di partner e fornitori, verificando la loro resilienza e imponendo standard di sicurezza adeguati.

In un contesto in cui gli attacchi non colpiscono più solo “voi”, ma anche chi vi sta intorno, la differenza tra un’azienda sicura e una vulnerabile sta nella capacità di gestire il rischio di terze parti.

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